La tecnica agricola di consociare colture legnose perenni con altre colture erbacee è stata praticata dall’uomo per migliaia di anni, tuttavia il termine agroforestry viene coniato solo alla fine degli anni ’70, periodo nel quale riceve le prime attenzioni da parte del mondo scientifico.
Anche nella nostra penisola fino agli inizi del Novecento gran parte delle coltivazioni erano consociazioni agroforestali come la “piantata” in pianura padana (piante di vite supportate da filari di gelso o acero), la consociazione tra vite e olivo, il pascolamento di animali in frutteto e tante altre.
Mentre l’agroforestazione è ancora estremamente diffusa a livello globale (soprattutto in zone tropicali), nei Paesi industrializzati l’avvento dell’agricoltura moderna con la meccanizzazione e la monocoltura, ha portato ad una vera e propria deforestazione delle aree ad agricoltura più intensiva, poiché gli alberi venivano considerati solo degli ostacoli per le colture e non più parte integrante del complesso ecosistema agricolo.
Tuttavia, negli ultimi anni anche nei paesi a clima temperato è cresciuta molto l’attenzione sull’agroforestazione, dopo che numerosi studi hanno evidenziato che potrebbe rappresentare un’alternativa in grado di far fronte alle crescenti esigenze dell’agricoltura moderna come la diversificazione del reddito, la riduzione dell’impatto ambientale e la mitigazione dei cambiamenti climatici.

Tipologie
Le molteplici tipologie di agroforestazione possono essere classificate in base:
- alla loro composizione di specie: sistemi silvo-arabili (erbacee + arboree), sistemi silvo-pastorali (arboree + pascolamento);
- oppure in base alla distribuzione spaziale: i sistemi a filari (arboree in filari alterni ben distinti), coltivazione in foresta (funghi o specie da sottobosco, anche officinali).
Vantaggi
L’agroforestazione, sfruttando il principio della complementarità tra specie consociate, può migliorare l’efficienza complessiva dell’utilizzo di una o più risorse ambientali (nutrienti, acqua, luce, spazio…) e, in molti casi, aumentare la produttività per unità di superficie rispetto a sistemi monocolturali. La progettazione di questi sistemi complessi cerca quindi di affiancare specie che sfruttano nicchie ecologiche differenti al fine di limitare al massimo la competizione tra specie e, ove possibile, ottenere interazioni positive come le simbiosi.
Per misurare la produttività di un sistema agroforestale rispetto ad un sistema monoculturale, viene comunemente usato il Rapporto di Superficie Equivalente (Land Equivalent Ratio, LER), che confronta le rese ottenute dalla consociazione di due o più specie rispetto alle rese ottenute dalla loro coltivazione in purezza.
La maggiore produttività, attribuibile ad un uso complessivamente più efficiente delle risorse naturali, è raggiungibile grazie ad una vastissima varietà di interazioni, di cui le principali a livello radicale, microbiologico, chimico e climatico.
Figura L’apparato radicale profondo ed espanso delle specie arboree utilizzate in agroforestry raggiunge strati più profondi del suolo rispetto alle colture arabili. (Fonte: Christian Dupraz – INRA)
Ad esempio,a livello radicale, le radici profonde delle colture arboree possono assorbire acqua e nutrienti fuori dalla portata delle colture erbacee che possiedono apparati radicali più superficiali. Inoltre, le lavorazioni del suolo ostacolando lo sviluppo superficiale delle radici degli alberi limitano la competizione tra le specie. Questa complementarità può avvenire anche su scala temporale consociando specie che vegetano in stagioni diversecome, ad esempio, cereali autunno-vernini insieme ad arboree caducifoglie, limitando così la competizione per le risorse e soprattutto per la luce.

Rispetto alle monocolture, nei sistemi agroforestali intensivi delle zone temperate è anche stata riscontrata una maggiore attività microbica e un abbondante presenza di micorrize, attribuibile ad un’alterazione del microclima ed una maggior presenza di essudati radicali e residui colturali. Una flora microbica variegata e attiva consente di ridurre l’impiego di input esterni come i fertilizzanti e acqua, e migliora al tempo stesso le caratteristiche chimico-fisiche del terreno.
La maggiore efficienza di questi sistemi porta con sé numerosi vantaggi non solo produttivi, ma molteplici servizi ecosistemici su scale locale e globale: conservazione della biodiversità, protezione del suolo e delle falde, sequestro della CO2 per accumulo di sostanza organica nel suolo e per il suo stoccaggio nella biomassa legnosa, oltre che favorire l’economia locale attraverso l’aumento della stabilità economica, la diversificazione dei prodotti, il miglioramento e diversificazione del paesaggio rurale.
Considerando la sempre più grande estensione dei terreni marginali con colture e pascoli in condizioni di degrado, vi è un enorme potenziale di sequestrare carbonio supplementare in tali terreni utilizzando le tecniche agroforestali.
Per un’azienda agricola, i vantaggi che derivano dalla corretta gestione di un sistema complesso come quello agroforestale si possono suddividere in tangibili come la produttività, ed intangibili come i vantaggi ambientali su scala regionale e globale. Quest’ultimi, tuttavia, possono anch’essi divenire tangibili per le aziende in termini monetari, se finanziate da misure di sostegno come ad esempio il Piano di sviluppo rurale (PSR). Questa possibilità è auspicabile in un prossimo futuro, considerando che le linee guida della nuova programmazione PAC 2023-2027 riconoscono l’agroforestazione come una pratica agricola specifica ed attribuiscono alle misure a favore dell’ambiente una rilevanza ancor maggiore rispetto al passato.
| Attività supportate | Importi massimi €/ha (80%) + €/ha/anno | Beneficiari |
| Impianto di pascoli arborati: coltivazione di una o più specie arboree di interesse forestale, anche micorrizate, su superfici agricole, gestite a turni medio – lunghi, combinata con l’attività zootecnica, per la produzione di assortimenti legnosi (legna da opera e/o biomassa) e/o prodotti forestali non legnosi. Densità 20-50 alberi/ha, ad una interdistanza superiore a 10m. | 2300 + 500 (per 5 anni) | Proprietari e/o Titolari della gestione della superficie interessata, pubblici, privati e loro associazioni. |
| Impianto di seminativi arborati: piantagione di una o più specie arboree e arbustive di interesse forestale, anche micorrizate, in ordine sparso o a sesti regolari, gestite a turni medio – lunghi, per la produzione di assortimenti legnosi (legna da opera e/o biomassa) e/o prodotti forestali non legnosi. Densità 40-100 alberi/ha, distanza tra le file 20-30m, sulla fila 5-10m. | 2000 + 500 (per 5 anni) | Proprietari e/o Titolari della gestione della superficie interessata, pubblici, privati e loro associazioni. |
Svantaggi
Nonostante le grandi potenzialità anche nei paesi industrializzati a clima temperato, l’agroforestazione finora ha trovato difficoltà ad essere implementata su larga scala e in zone ad agricoltura intensiva a causa di ostacoli di varia natura.
Fino ad oggi le azioni comunitarie di supporto all’agroforestazione sono risultate poco incisive e controverse, soprattutto nel PSR 2007-2013 e anche nella più recente programmazione 2014-2020, con misure attivate in Italia da poche regioni e con poche richieste da parte degli agricoltori. Il mancato successo di queste misure è imputabile principalmente alla scarsa chiarezza normativa, oltre che alla limitata divulgazione e preparazione tecnica sull’agroforestazione da parte di tutti gli operatori del settore agricolo.
A questi problemi si aggiunge anche un fattore psicologico per il quale risulta ancora molto difficile da parte degli agricoltori accettare un cambio di paradigma, ovvero quello di introdurre colture perenni nel paesaggio agricolo dopo che per molti decenni sono state rimosse. Infatti, si tratta di accettare di rendere più complessa la gestione delle colture dopo che per tanti anni la meccanizzazione ha spinto verso la semplificazione e le monocolture.
Prospettive future
Per superare queste limitazioni, la ricerca sull’agroforestazione, anche grazie alle nuove tecnologie digitali e meccaniche, si sta orientando verso sistemi razionali e di facile gestione, con sesti di impianto ampi per favorire la meccanizzazione, cercando di raggiungere il difficile equilibrio tra complessità del sistema, efficienza e facilità di gestione.
Si cerca quindi di ricreare le interazioni efficienti degli impianti agroforestali del passato cercando di meccanizzare il più le operazioni colturali per adattarli alle esigenze di questo secolo.
Per quanto riguarda le piante arboree che potrebbero essere impiegate, ci sono molte colture tradizionali già affermate e tutt’oggi coltivate in molte aziende come vite, olivo e vari alberi da frutto e forestali. A queste, in futuro si potrebbero aggiungere alcune colture innovative ad alto reddito che stanno prendendo piede in Italia e in Europa, come il Pecan o la Paulownia le quali vengono storicamente utilizzate in impianti agroforestali nei loro paesi di origine, ma sulle quali la ricerca è ancora agli albori. Tuttavia, nonostante i pochi studi a riguardo, sono già emersi alcuni dati interessanti ai fini dell’impiego in agroforestazione come ad esempio, la capacità del Pecan di stabilire simbiosi, in condizioni controllate, con il tartufo nero estivo (T. aestivum) e tartufo bianchetto (T. borchii Vitt.).
Queste specie arboree potrebbero essere utilizzate per sistemi di agroforestazione in abbinamento a specie officinalia maggior fabbisogno di ombreggiamento, di solito coltivate in nord Europa per il minor irraggiamento solare come ad esempio il pungitopo (Ruscus aculeatus L., peraltro specie protetta), o l’edera terrestre (Glechoma hederacea L.), che potrebbero avvantaggiarsi molto dell’ombreggiamento durante alcuni periodi dell’anno. Con qieste ed altre specie officinali è in corso una piccola sperimentazione di coltivazione in un impianto intensivo di Paulownia (sesto 4x4m) per valutare la capacità di adattamento a condizioni di ombreggiamento totale durante la stagione primaverile-estiva.

Da non sottovalutare però il potenziale di molte specie officinali diffuse come la lavanda o la melissa in condizioni di parziale ombreggiamento in impianti razionali a filari, considerata che l’origine di queste piante è ai margini della foresta dove si ha una situazione intermedia tra bosco e prateria.
Considerata l’ampia estensione della superficie forestale del nostro territorio non è da sottovalutare anche la possibilità di coltivare funghi commestibili e medicinali all’aperto, in contesti di ombreggiamento totale, come ad esempio lo Shiitake ed il Ganoderma. Infatti la coltivazione di questi funghi in foresta viene praticata con successo in altri paesi a clima temperato ed il mercato di questi prodotti mostra ancora un grande margine di crescita.
Conclusioni
Nonostante tutte le difficoltà, le potenzialità di sviluppo dell’agroforestazione in zone a clima temperato o mediterraneo rimangono molto buone grazie al crescente numero di ricerche in corso e alla diffusione di informazioni riguardo alle specie più adatte ad ottenere impianti sostenibili ed efficienti. Ad esempio, le prime attività di selezione genetica per ottenere ecotipi e varietà con caratteristiche adatte per l’agroforestazione, come la tolleranza all’ombra, particolare fenologia di sviluppo (tardiva-precoce), forma dell’apparato radicale ed altre, hanno dimostrato che esiste notevole margine di miglioramento per impianti futuri.
Si prevede anche che la nuova programmazione PAC 2023-2027 incentivi l’espansione dell’agroforestazione introducendo finalmente un pagamento diretto e delle misure di sostegno specifiche che riconoscano i vari benefici ambientali che questa tecnica può offrire.